Carissimo Andrea, ho letto Il gioco della verità e ho pensato una cosa molto semplice: mi piace così tanto quello che scrivi, come lo scrivi, che penso tu sia comodamente nella top 10 degli autori italiani e stranieri di cui aspetto con grande felicità, ogni volta, il prossimo libro. I racconti danno anzitutto una tale sensazione di compattezza e di unità – diversamente da quello che capita di solito a un libro come questo – che all’inizio pensavo si trattasse di un romanzo! E poi molti sono davvero splendidi. Fra i miei preferiti citerei tutti quelli di una certa lunghezza, come Margherita, Vent’anni di meno, L’inaugurazione… ma anche un racconto apparentemente manicheo come Il parroco e il monsignore, come rimane impresso! L’ho letto ieri e mi sono accorto che oggi continuava a tornarmi alla mente, con il tuo tema affascinante e quei personaggi perfetti, rotondi, l’essenza sottilmente ributtante che sta dietro ogni sacerdote (perfino dietro a quelli che agiscono con le migliori intenzioni) buttata fuori con tanta spietatezza, e il brivido sessuale fra il monsignore e la ragazza, la sgradevolezza dell’ateo che ha ragione, ragionissima, ma non può fare a meno di fare una parte antipatica… E devo dirti come sono stato contento di ritrovare La nonna morta? Che figura splendida fa qui dentro, con il suo respiro lento, ammaliatore, velenoso! Che capolavoro La mano di Dio, dove la tematica dell’indifferenza alla morte altrui (echeggiata anche nel racconto seguente e nel Berretto, di sapore quasi carveriano, mentre in molti altri il magistero del vecchio Moravia si sente dietro, discreto, assimilato, rielaborato profondamente) viene come sommersa dalla follia di questo rapporto, con la passione erotica della moglie in fondo immotivata, lui che si accende a poco a poco, controvoglia, e si lascia tirare dentro. Ecco quello che sai fare come pochissimi altri: rappresentare situazioni in cui le motivazioni dei personaggi sono deboli, inconsistenti; agiscono su impulsi imperscrutabili, a volte come ubriachi di semplice vita, eppure il sapore complessivo di verità umana che esce dalla narrazione e’ irresistibile. Sai che sei veramente grande? Questo è raccontare come si faceva una volta, rappresentare luoghi, geometrie e situazioni piene di fascino senza stare troppo a spiegare, senza inserire nella prosa le istruzioni per l’uso della prosa stessa. Non sto a citare gli altri, ma tranne quei tre o quattro bozzetti di poche pagine che non mi hanno colpito particolarmente (senza però essere mediocri o scadenti: solo poco sbalzati dal resto) tutto il libro ha una qualità uniformemente altissima. Ti suonerà stupido, ma sono così fiero di te! In fondo siamo diversissimi, eppure da tempo ho questo strano senso di fratellanza con te, faccio un tifo micidiale per te, per la tua bravura, e tu non mi deludi mai. Sarà l’annata ’59 che mi sta a cuore? Be’, ma ci siamo solo noi due! Tutto quello che potrò fare per questo libro lo farò. Ti mando un abbraccio grandissimo, pieno di ammirazione e affetto. Tuo Raul.

 

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